Merano Wine Festival 2019 – Merano

 

“Excellence is an attitude” è il motto del patron Helmut Kocher, e in questa manifestazione si combina perfettamente sia con l’eccellente organizzazione che con la ricerca delle eccellenze enologiche italiane, con uno sguardo anche oltre (Wine International e l’Union des Grands Crus de Bordeaux). L’impegno ha portato il Merano Wine Festival ad essere tra le manifestazioni più interessanti ed apprezzate in Europa, e ad attirare al Kurhaus professionisti ed appassionati da tutto il mondo.
Per un lungo weekend (dall’8 all’12 novembre) il vino si è espresso al meglio, con uno spazio dedicato alle sue sfaccettature vulcaniche, in anfora e territoriali, permettendo agli ospiti di girare l’Italia enologica in pochi passi e concentrarsi sugli aspetti sensoriali.

Ma passiamo al diario itinerante di (solo) alcuni degli assaggi pregevoli partendo dalla sala Lentner che si conferma tra le più interessanti, con una prevalenza di produttori veneti, umbri e toscani, in cui al primo ingresso si viene colpiti da un mosaico olfattivo molto complesso…

Tenuta di Acerno, Arcanum: un taglio bordolese che cambia di anno in anno con prevalenza di Cabernet Franc, una verticale dal 2015 al 2002. I primi assaggi fanno intravedere una grande potenzialità senza scoprirla, ma sono annate non ancora in commercio, mentre il 2011 (attualmente in vendita) è un grande vino: intenso, sentori di spezie, pepe nero, rosmarino e frutti rossi. Ma il meglio deve ancora venire, il 2002 è ancora più concentrato, profondo, con sentori balsamici… un Supertuscan difficile da dimenticare.

Azienda Agricola Prà, Morandina, Amarone: un amarone anomalo, non piacione e piacevole come siamo abituati a sentirlo, ma più spigoloso. Oltre ai classici profumi di ciliegia e frutti neri è presente la liquirizia, il cacao, note legnose che non dispiacciono assolutamente, anzi lo caratterizzano fortemente.

Italo Cescon, Madre 2017Incrocio Manzoni, fermentazione in cemento cui segue maturazione sui propri lieviti per 6 mesi circa, del quale si apprezza un naso tendente al vegetale, prima, e al fruttato, poi. In bocca spicca per freschezza e sapidità.

Fabrizio Dionisio, Syrah: Il Castagno e Cuculaia. Il primo, 2016, si conferma vino icona dell’azienda con un bouquet olfattivo bellissimo ed inebriante ed una bocca ben bilanciata tra freschezza e corposità. Il secondo, 2014, single cru caratterizzato da una maggiore concentrazione di spezie e da una solida struttura con una buona prospettiva di evoluzione nel tempo ma che necessita certamente di un adeguato abbinamento.

Il Borro, Alessandro Dal Borro: un Syrah in edizione limitata, proposto in formato magnum, con un lungo passaggio in barriques. Il 2015 è un vino giovane ma pronto, con una speziatura importante e profumo di frutti rossi, equilibrato ma molto complesso, da bere a pasto o gustare nel dopocena.

Castello di Ama: San Lorenzo 2016Chianti classico gran selezione, un vino identitario e tra gli ambasciatori del territorio del Chianti nel mondo, Sangiovese, Merlot e Malvasia Nera. Naso intrigante a base di frutti di bosco, erbe mediterranee ma soprattutto liquirizia. Al palato appare ricco e strutturato, tra qualche anno sarà un capolavoro.

Pellissero, Barbaresco Tulin: il delicato profumo di ciliegie e frutti di bosco, cacao, accomuna i quattro vini in verticale, ma il gusto è molto diverso. nel giovane 2015 prevale la nota erbacea, che va via via scomparendo nel 2013 e 2012, per arrivare ad un perfetto 2007, con un tannino sottile e sentori di confettura.

Dorigo, Sauvignon 2018: un ottimo Sauvignon, dai sentori tipici e ben strutturato. Una bella freschezza, la giusta acidità, da bere a pasto o come aperitivo, semplice ma non banale, davvero piacevole.

Petrussa, Schioppettino: un vino pulito, dai sentori di spezie, di pepe e frutti di bosco. Il gusto è equilibrato, rotondo, e ripropone i frutti di bosco… Un vino interessante che vorrei bere a pasto.  In bocca mostra il meglio di sé con una concentrazione equilibrata e con tannini sottili e sensuali, inserendosi in un mondo tutto suo, dove la signorilità prevale sulla muscolarità.

Elvio Cogno, Anas-cetta 2018Siamo a Novello, dove c’è ancora chi valorizza questo antico vitigno autoctono: la nascetta, un’uva non semplice e che a causa di cavilli burocratici rischia di non essere più prodotta. Vino molto interessante, assolutamente singolare dalla spiccata mineralità e con un bouquet olfattivo ammaliante (su tutte la nota di anice e agrumi) pieno e lungo nel finale. Una vera chicca!

Una nota di merito va data alla “WineHunter Area”, che ha ospitato sul palco del Kurhaus ben 330 vini selezionati (punteggio di almeno 88/100) ma non presenti con un singolo banco di assaggio, parimenti a Enoteca Italia, lo stand curato da “Vini buoni d’Italia”, in cui degustare i migliori vitigni autoctoni italiani. Gli spazi sono esigui, ma l’opportunità di assaggiare e confrontare direttamente bottiglie note e interessanti novità è impagabile.
Anche il Fuori Salone si è svolto all’insegna dell’eccellenza presso il padiglione curato da The Circle – “People, Lands, Experiences”, giunto alla sua seconda edizione e che, come illustrato dalle sue curatrici, nel rispetto delle parole chiave “innovazione e provocazione”, si distingue grazie al suo concept meno formale e tramite un fitto e variegato programma di eventi caratterizzati da un approccio certamente più divertente ma al contempo ricco di contenuti e spunti in grado di attirare in maniera trasversale ogni tipo di pubblico (dall’esperto operatore al “semplice” appassionato).

Si comincia con la colazione “good morning Merano” curata in parte da Garda Foodie – I sapori di casa Miorelli – per proseguire con una serie di degustazioni di vini, una fra tutte la verticale di Amarone delle famiglie storiche della Valpolicella, che vedono anche la presenza entusiasmante e coinvolgente di Nicola Prudente (in arte Tinto di Decanter – radio2) ed un percorso di assaggi di tipicità gastronomiche provenienti da ogni parte del Bel Paese (come le chiocciole di Cherasco), elaborate da diversi rinomati chef che si sono alternati durante il corso della kermesse.

La serata prosegue anche dopo la chiusura del festival con i drink by Molinari e il B*NU con il cocktail corner Silvio Carta ed il suo ottimo Vermouth. The Circle ha messo a disposizione due flair bartender e una decina di cocktail (tra cui un ottimo sidecar) per assaporare i mix ottenuti da Cointreau, Gin The Botanist, Sambuca e Cognac Remy Martin.

Anche quest’anno l’obiettivo di diffondere la cultura del vino, facendoci conoscere nuove bottiglie e confermandoci il valore di quelle che già apprezziamo, è stato raggiunto. L’appuntamento per tutti è alla prossima edizione, per i cui biglietti vi consiglio di non aspettare l’ultimo momento e rischiare la chiusura in anticipo delle prenotazioni (vedi il sold out di sabato 😉 )

Per un approfondimento, fate un salto sul sito ufficiale.